"I belive a leaf of grass is no less than the journey-work of the stars"
Walt Whitman, Song of Myself


martedì 13 gennaio 2015

Un poco di equilibrio

domenica la francia ha marciato su parigi, e io sono rimasta a guardare.
ho seguito, incredula, la cronaca (quasi) in tempo reale della mobilitazione senza precedenti, e un senso di orgoglio per essere europea, oltre che di ammirazione infinita per la popolazione francese e la sua civilissima reazione, mi ha pervasa. eppure non ho potuto evitare di sentirmi tremendamente impotente, perché la verità, inutile nasconderlo, è che di fronte all'avanzare di questa ondata terroristica noi cittadini non possiamo, concretamente, pressoché nulla.
certo, possiamo, e dobbiamo, evitare di cadere nella facile trappola del razzismo e della paura (imperativo che sento particolarmente urgente, come studiosa di cultura arabo-islamica, in primis, e come cittadina italiana ed europea), ma non siamo in grado di sventare o combattere gli attacchi reali, che ammazzano disegnatori innocenti e innocenti cittadini.
e allora diventa inevitabile, dal mio piccolo angolo di cielo qui a torino, provare una inarrestabile sensazione di impotenza, acuita dall'ansia che naturalmente eventi di tale portata provocano. il punto è: fino a martedì le mie uniche preoccupazioni erano gli esami e la routine, mentre da mercoledì, e soprattutto da domenica, un problema ben più grande, e contingente, è subentrato. qualcuno l'ha già definita guerra, di certo mi chiedo quali cambiamenti tutto questo porterà nelle nostre vite. e io, prima di tutto, verrò biasimata perché studio arabo, in questo già intollerante clima italiano? arriverò al punto di dover difendere a gomitate la mia scelta di studio, il mio amore per la lingua araba e la sua cultura? e quindi, più che quali, ché già ne posso scorgere, dove saranno le mie prospettive per il futuro?
mentre tutte queste domande si impongono alla considerazione, e reclamano di essere ascoltate con urgenza, come dimenticare dall'altro lato la lavatrice da stendere, il capitolo da finire di studiare entro la notte, la spesa da fare? mi chiedo allora, al di sopra di tutto, dove sta il giusto punto di bilanciamento? quanto occuparmi delle mie faccende quotidiane, dimenticando per un attimo la strage, e l'imminenza di un cambiamento in europa, per non sentirmi accusata dalla coscienza come simile allo struzzo che nasconde il capo nella sabbia? viceversa: quanto sono tenuta a pensare concretamente a tutto questo, per non trovarmi incapace di gestire i problemi quotidiani pur in una crisi? cosa devo ritenere più quotidiano: il frigorifero vuoto, o l'europa sotto scacco, cosa che compromette parimenti il mio futuro, anche se non nelle immediate ventiquattr'ore?
ci vuole solo un poco di equilibrio, è naturale. come in ogni faccenda umana, come ci insegnarono già gli antichi: basta saper guardare, e trovare dove l'ago della bilancia segni il giusto mezzo. non già che esserlo, nemmeno pare facile... e fino a quel momento le domande restano. come suggerirebbe rilke, l'importante è viverle.

ah, quasi dimanticavo: JE SUIS CHARLIE, naturalmente.

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