"I belive a leaf of grass is no less than the journey-work of the stars"
Walt Whitman, Song of Myself


domenica 1 marzo 2015

Lasciare correre

e infine eccomi qui di ritorno a casa, immersa nel divano, mentre tento di trovare un senso a quello che sto facendo.
sono rincasata anticipatamente rispetto al previsto per via di problemi di salute che non accennavano a risolversi, e per ritovare un poco di calma e lucidità tra la fiumana di pensieri e faccende nella quale nuoto nella mia vita solitaria. e sta funzionando: sono già più serena, e anche la salute sta migliorando... eppure c'è ancora qualcosa che mi sfugge. non riesco a fare a meno di pensare che andandomene così all'improvviso ho lasciato in sospeso troppe cose, troppe lezioni, consegne, scadenze... e non mi do pace. 
dovrei soltanto fare un gran respiro e lasciarmi tutto alle spalle per il tempo di una settimana... superfluo dire che è più facile scriverlo che farlo davvero. perché continuo a chiedermi sarà poi giusto essere venuta a casa?, avere abbandonato a torino tutte le faccende, anche urgenti, in sospeso?, ma quello che mi chiedo vermamente è sarà giusto essere scappata? ed è questo senso di colpa, e di fallimento, a non lasciarmi in pace, e a non farmi vivere del tutto serenamente come vorrei queste giornate. 
come al solito, il mio primo nemico sono io stessa, non occorre andare a cercar lontano. e la lotta che si instaura per la suremazia è sempre aperta, e stremante. ma come convincermi davvero di non essere vilmente scappata? perché pensare a quanto avessi bisogno di una pausa soprattutto da alcune "relazioni pericolose" (oh, quanto ne avevo bisogno!), pensare che non sto affrontando una gara ma la mia quotidianità, funziona per lo spazio di un istante: in cui mi do della bambina per considerare una malattia come una sconfitta, e la necessità di una pausa come un fallimento. ma subito dopo penso al mio orgoglio, e alla mia sfacciataggine quando, appena trasferita a torino, pensavo di conquistare il mondo, quasi che non avrei più avuto bisogno di casa. mi ricordo poi dello scorso semestre, quando sono rimasta quasi quattro mesi lontana, ed è andata a meraviglia. e allora la domanda che si impone è cosa è andato storto questa volta? cosa mi è sfuggito di mano? ed è proprio qui il problema. non perché non sappia cosa è andato storto, anzi, ma perché non sono capace di accettare che non posso avere il controllo su tutto. mi illudo di averlo, e proprio mentre mi eleggo dio del mio personale universo gli eventi mi dimostrano quanto non sia vero.
o forse sarebbe vero (che sono il mio personale dio, a parte tutti i vaneggiamenti) se imparassi ad accettare la sconfitta. anzi, se comprendessi l'imprevisto nella quotidianità, e smettessi una buona volta di chiamarlo sconfitta, considerato che non c'è premio né vincitore in questo gioco. sì, forse riuscirò a darmi pace quando imparerò a vivere i momenti di stanchezza senza giudicarmi, con una buona dose di pazienza per compagna. quando sarò capace di ritirarmi dalla frenesia, e lasciarla correre senza di me per un poco. salvo poi riprendere la corsa consueta, con più forza di prima.

buona domenica...

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