"I belive a leaf of grass is no less than the journey-work of the stars"
Walt Whitman, Song of Myself


lunedì 9 marzo 2015

Ritrovare il labirinto (quando partire è più difficile di quanto ti aspetti).

rieccomi di ritorno a torino. così presto. un anno fa, o anche meno, sarei inorridita al pensiero di pronunciare (o peggio, scrivere) queste parole. e invece eccomi qua, appollaiata sul mio enorme sedile di prima classe, mentre termino il mio solito lungo viaggio da un confine all'altro dell'italia settentrionale. eccomi qua a pensare a quanto non ho voglia di tornare, a quanto darei per spendere ancora qualche ora a casa, circondata dagli affetti, dove anche la semplicità di trovare un piatto caldo già pronto in tavola si fa apprezzare. e invece rabbrividisco al pensiero della stanza vuota che mi attende, dove sarò, infine, sola di nuovo. cosa mi è accaduto? come sono diventata, dalla donna indipendente che ero (o credevo di essere?), la fragile creatura che già sogna il momento in cui di nuovo varcherà la soglia di casa? la domanda è imperativa, a questo punto. e forse la risposta inizia a scorgersi, al di là dello stupore.
sono arrivata a torino un anno fa assetata di novità, di indipendenza, della frenesia di una grande città (sì, so che molti torinesi ribatteranno che torino non è che un grande paese, ma io venivo dalla piccola, graziosa, provinciale udine... ). e il primo anno è andato a gonfie vele, perché ero talmente impegnata a cercare, scoprire, assaporare, da dimenticarmi quasi di avere una famiglia, una casa. talmente entusiasta e ubriaca di gioia da credere che quella fosse la mia vita, finalmente. non avrei permesso a nessuno di insinuare il contrario, e non l'ho fatto. oscar wilde scriveva, nel de profundis, “tutto quello che viene vissuto fino in fondo è giusto”; dunque è stato giusto così, non rinnego né rimpiango nulla. sono stata felice, seppure a momenti alterni, e ne sono grata.
quest'estate qualcosa è cambiato: una frenesia mi percorreva alla partenza il primo settembre, un desiderio di ributtarmi a capofitto nella esuberante quotidianità torinese, di fare di più e meglio dell'anno passato. e così è trascorso il primo semestre, tra il corso di arabo, che mi ha impegnata anima e corpo, e gli altri inesauribili impegni: natale è arrivato molto prima che me ne accorgessi, e che mi preparassi a viverlo. e forse questo ha fatto la differenza: per quasi quattro mesi non mi sono mai fermata, non parliamo poi di essermi ristorata al calore dell'affetto familiare. ero talmente assorbita dal ritmo del quotidiano che non ero più capace di fermarmi. e infatti le feste sono trascorse insipide, e al momento di ripartire mi stavo appena iniziando a sciogliere. così questi due mesi sono trascorsi ancora più insipidi, trascinandomi addosso una stanchezza e un'indolenza che non volevano saperne di lasciarmi in pace. inutilmente ho provato a capire quali altri motivi potessero esserci, ché non ce n'erano. non ero capace di vedere davvero che senza gli affetti tutto è incolore e vuoto, a meno di non saper trovare la giusta dose di impegni e interessi da non pensarci, e dimenticarsi della nostalgia poco dopo averla riconosciuta avvicinarsi beffarda.
così ora affronto forse per la prima volta davvero l'amara verità: la solitudine. e mi spaventa un poco rendermi conto di quanto sia triste, e di quanto sia facile lasciarsi avvolgere dalla seducente prospettiva dell'indolenza, come un morbido e pigro tepore che si illude di assomigliare al calore di casa, ma dall'altro lato mi dico che oltre questo non posso andare. peggio di così le cose non possono stare (spero!). quindi: non possono che andare meglio. è qui che diventa categorica la necessità di reagire, una volta scoperta la falla.
non potrò riempirla ora, perché non è una crepa che si lasci riparare detto fatto, ma posso imparare a conviverci. posso fare del mio meglio, e sforzarmi di ritrovare una spinta più forte della nostalgia, per vivere con entusiasmo anche le mie giornate solitarie. ricordandomi della frenesia dell'anno scorso, e di quel pizzico di follia che forse in fondo mi ha sempre salvata. riconoscendo, infine, anche nelle mura ormai note di torino la città che mi ha ammaliata e assetata di curiosità per l'intero anno passato, che mi spingeva sempre oltre, ancora, mai sazia di scoprirne nuovi scorci...
ritrovando, oltre l'ovvietà del già conosciuto, il labirinto.

[terminato il 7 marzo alle ore 19.38] ... nonostante la prima classe in treno non c'era copertura wifi, e come deliziosa sorpresa di benvenuto il pc ha rifiutato di connettersi a internet per due giorni...

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